Presenze piranesiane all’interno dell’Accademia Nazionale di San Luca

Fabrizio Carinci
Fabrizio Carinci
Storico dell'arte
Accademia Nazionale di San Luca

Foglio di guardia del primo volume
Foglio di guardia del primo volume delle Antichità Romane donato da Giovan Battista Piranesi all’Accademia di San Luca.
© Roma, Accademia Nazionale di San Luca.
Catalogo della Libreria del fu Cavaliere Raffaele Stern.
Catalogo della Libreria del fu Cavaliere Raffaele Stern.
© Roma, Biblioteca Romana Sarti.
Avviso sul Catalogo di Vendita
Avviso sul Catalogo di vendita della Libreria del fu Cavaliere Raffaele Stern.
© Roma, Biblioteca Romana Sarti.

L’
analisi della presenza delle stampe piranesiane all’interno di Palazzo Carpegna deve essere anticipata dalla distinzione tra le due biblioteche d’arte, la Biblioteca comunale Romana Sarti e la Biblioteca Accademica, diverse per storia e natura amministrativa.

La prima fu inaugurata il 21 aprile del 1881 per volontà dell'architetto Antonio Sarti da Budrio, al vertice dell’istituzione accademica dal 1860 al 1863, che donò al Comune di Roma la propria biblioteca e ne affidò la tutela perpetua alla stessa Accademia di San Luca. Una parte consistente della Biblioteca Sarti proviene da quella ‘del fu Cav. Raffaele Stern architetto romano’ finita all’incanto nel 1824, presso la ‘Libreria sulla piazza di S. Ignazio n. 152 . Un ‘avviso’ sul catalogo di vendita chiarisce come ‘questa collezione contiene quanto l'erudito Cavaliere potè raccogliere nel genere di libri di pittura, scultura, architettura e i viaggi relativi alle Belle Arti. Questa fu dunque la libreria che formò già la delizia di detto Cavaliere (che una fatale vicenda tolse nel più bel fiore degli anni alla patria virgola e agli studiosi delle Belle Arti che egli amò sempre come fratelli), e che formò nella vendita l'ammirazione del pubblico, offrendo la riunione di tanti libri utili, rari e di scelte e nitide edizioni, come p.e. delle buone prove di Pietro Sante Bartoli, Piranesi, Volpato, Cunego, e di tanti altri artisti celebri’ . I lotti dal n. 976 al n. 990 sono quelli riguardanti le opere di Piranesi descritti nelle dimensioni e nell’anno di edizione. La serie delle opere di Piranesi edita nel 1784 è in ventiquattro volumi e alle Antichità Romane affianca, tra l’altro, le Vedute di Roma moderna, gli Ornamenti de’ Cammini. Numerosi ‘i bellissimi esemplari di prima prova’ come nel caso dei Vasi e candelabri e il Della Magnificenza et Architettura dei Romani che ha visto un deprezzamento di circa 20 scudi rispetto alla data di realizzazione .


Catalogo di vendita, lotti dal n. 976 al n. 990
Catalogo di vendita della Libreria del fu Cavaliere Raffaele Stern, lotti dal n. 976 al n. 990.
© Roma, Biblioteca Romana Sarti.
Catalogo di vendita, lotti dal n. 976 al n. 990
Catalogo di vendita della Libreria del fu Cavaliere Raffaele Stern, lotti dal n. 976 al n. 990.
© Roma, Biblioteca Romana Sarti.
Catalogo di vendita, lotti dal n. 976 al n. 990
Catalogo di vendita della Libreria del fu Cavaliere Raffaele Stern, lotti dal n. 976 al n. 990.
© Roma, Biblioteca Romana Sarti.

All’interno dell’elenco sono inserite anche le pubblicazioni curate dal figlio Francesco, come quelle del Teatro di Ercolano, stimate con un valore sensibilmente inferiore. Il catalogo permette anche di notare come a distanza di anni, le Antichità Romane risultino ancora tra le opere di maggior prestigio, con una stima d’asta di 50 scudi, ma acquistabili direttamente presso il venditore per oltre 60 scudi.

Ben diversa invece la storia della collezione accademica, incrementata con l’impegno del corpo accademico a seguito di donazioni che hanno costituito nel tempo un patrimonio documentale di grande valore artistico e scientifico. Di proprietà dell’Accademia è una raccolta composta da 27 volumi, finora poco studiata. La serie è impressa su un formato di carta imperiale e spicca per integrità e stato conservativo. Proprio il ‘progetto Piranesi’ portato avanti in questi anni dall’Istituto Centrale per la Grafica, oltre a chiarire la presenza dei numeri arabi dovuta all’iscrizione apposta sulle matrici intorno al 1840, ha facilitato una collocazione cronologica delle stampe intorno alla metà del XIX secolo .

Le recenti ricerche d’archivio condotte da Giulia De Marchi hanno portato alla luce come l’ingresso dell’intera raccolta all’interno della collezione accademica sia dovuto alla donazione da parte della Calcografia Camerale all’Accademia nel 1863 . L’arricchimento stesso della collezione accademica di un nucleo così vasto di stampe è esso stesso sintomatico di una nuova sensibilità verso l’arte incisoria, favorita dalla presenza di Antonio Sarti nelle vesti di presidente dell’Accademia.

Sempre in collezione accademica sono da segnalare due volumi di minor formato, visibilmente più antichi e contenenti l'opera Vasi, Candelabri, Cippi, in un’edizione di tavole non numerate e da riconoscere con l’edizione Firmin Didot .

Vasi, Candelabri, Cippi, Edizione Firmin Didot. Archivio Accademia Nazionale di San Luca
G. B. Piranesi, Vasi, Candelabri, Cippi, Edizione Firmin Didot.
© Roma, Archivio Accademia Nazionale di San Luca.
Vasi, Candelabri, Cippi, Edizione Firmin Didot. Archivio Accademia Nazionale di San Luca
G. B. Piranesi, Vasi, Candelabri, Cippi, Edizione Firmin Didot.
© Roma, Archivio Accademia Nazionale di San Luca.

Ben più nota e articolata è infine la terza collezione di stampe di Piranesi in Accademia, più pregiata delle altre e da mettere in relazione al ruolo dell’incisore nell’istituzione e a ciò che ha rappresentato quest’ultima per la carriera dell’artista.

Il 2 febbraio 1761, al tempo di Filippo Della Valle principe e Francisco Preciado segretario dell’istituzione, è stato proposto ‘accademico di merito’ il signor Giovan Battista Piranesi e nominato con tutti i voti favorevoli.

Verbale di Congregazione con la nomina ad accademico
Verbale di Congregazione con la nomina ad accademico di Giovan Battista Piranesi, febbraio 1761.
© Roma, Archivio Accademia Nazionale di San Luca.

Come noto, in tale occasione Piranesi fa dono all’istituzione di 12 zecchini in oro ‘graditissimi’, ma soprattutto ottempera all’obbligo statutario attraverso il dono di sei volumi in pergamena tinta in verde , di cui i primi quattro costituiti da una buona edizione delle Antichità Romane editi tra il 1750 e il 1756. Nel quinto volume sono presenti 43 tavole delle Vedute di Roma, mentre il sesto denominato Opere Varie, contiene oltre alla Prima Parte di Architetture e Prospettive (compresa della ristampa del ritratto di Polanzani e della tavola del frontespizio), i Trofei di Ottaviano Augusto, le Antichità Romane dei Tempi della Repubblica e le Carceri d’invenzione.

Antichità Romane donate da G. B. Piranesi
Antichità Romane donate da G. B. Piranesi, vol. I.
© Roma, Accademia Nazionale di San Luca.

Le tavole dei quattro volumi delle Antichità Romane donate dall’artista nel 1761, rappresentano la parte più consistente del dono accademico e sono per la gran parte in secondo stato . Commentando il dono si è spesso sottolineata l’eterogeneità e l’incompletezza della donazione, facendone una scelta geniale e disordinata, quella di lasciare all’istituzione quanto stampato fino a quel momento in bottega.

Una posizione che in parte trova conferma nelle Antichità Romane, caratterizzate da alcune modifiche fatte sulle lastre tra il 1756 e il 1761. Non mancano le eccezioni, con inserimenti di tavole di primo stato non coerenti col corpo del tomo. Esempi in tal senso sono la Veduta di un Sepolcro antico del secondo tomo, realizzata per far parte delle Camere Sepolcrali. In questo senso, la versione accademica si rende interessante proprio perché testimonia le tavole su cui ritorna l’interesse e la mano dell’incisore, manifestando un ritorno costante sulla propria produzione anche in vista della nomina accademica. La straordinaria presenza in Accademia delle due versioni, quella donata dall’autore e quella ‘SARTI’, ristampata da Francesco Piranesi nel 1784, permette inoltre agli studi di individuare e analizzare gli interventi fatti dall’erede Piranesi tra la fine degli anni settanta e i primi anni ottanta del Settecento. Interventi oculati, che dimostrano il grado di attenzione del figlio sulle matrici del padre, oltreché la strada verso cui stava orientando gli affari della calcografia piranesiana. Alcuni di questi, evidenti nell’’edizione SARTI’ sono puramente estetici, volti in alcuni casi a rinforzare un effetto, come quello nella Veduta di altra parte della Camera Sepolcrale di L. Arrunzio, in cui sono presenti i rientri a bulino sulla cortina muraria, a fingere in maniera marcata un’infiltrazione di umidità .

Altri interventi sono invece sostanziali e modificano il contenuto stesso dell’opera, come quello che interessa la tavola del Sepolcro degli Scipioni, in cui l’aggiunta in calce di quel ‘creduto’, svincola gli sforzi antiquari del padre dall’imbarazzo di un goffo errore, riservandosi di focalizzare con una pubblicazione specifica l’attenzione sul reperto . Ancor più eclatante l’intervento sul frontespizio del primo volume delle Antichità Romane, con la dedica a Gustavo III in termini strettamente commerciali. Del dono di Piranesi, o meglio dell’intero corpo di stampe donate dall’artista, un particolare rilievo rivestono le tavole delle Carceri d’Invenzione.

Carceri d’invenzione
G. B. Piranesi, Invenzioni Capric di Carceri, I edizione, 1750 ca.
© Roma, Accademia Nazionale di San Luca.
Carceri d’invenzione
G. B. Piranesi, Invenzioni Capric di Carceri, I edizione, 1750 ca.
© Roma, Accademia Nazionale di San Luca.
Carceri d’invenzione
G. B. Piranesi, Invenzioni Capric di Carceri, I edizione, 1750 ca.
© Roma, Accademia Nazionale di San Luca.
Carceri d’invenzione
G. B. Piranesi, Invenzioni Capric di Carceri, I edizione, 1750 ca.
© Roma, Accademia Nazionale di San Luca.
Carceri d’invenzione
G. B. Piranesi, Invenzioni Capric di Carceri, I edizione, 1750 ca.
© Roma, Accademia Nazionale di San Luca.
Carceri d’invenzione
G. B. Piranesi, Invenzioni Capric di Carceri, I edizione, 1750 ca.
© Roma, Accademia Nazionale di San Luca.
Carceri d’invenzione
G. B. Piranesi, Invenzioni Capric di Carceri, I edizione, 1750 ca.
© Roma, Accademia Nazionale di San Luca.
Carceri d’invenzione
G. B. Piranesi, Invenzioni Capric di Carceri, I edizione, 1750 ca.
© Roma, Accademia Nazionale di San Luca.
Carceri d’invenzione
G. B. Piranesi, Invenzioni Capric di Carceri, I edizione, 1750 ca.
© Roma, Accademia Nazionale di San Luca.
Carceri d’invenzione
G. B. Piranesi, Invenzioni Capric di Carceri, I edizione, 1750 ca.
© Roma, Accademia Nazionale di San Luca.
Carceri d’invenzione
G. B. Piranesi, Invenzioni Capric di Carceri, I edizione, 1750 ca.
© Roma, Accademia Nazionale di San Luca.
Carceri d’invenzione
G. B. Piranesi, Invenzioni Capric di Carceri, I edizione, 1750 ca.
© Roma, Accademia Nazionale di San Luca.
Carceri d’invenzione
G. B. Piranesi, Invenzioni Capric di Carceri, I edizione, 1750 ca.
© Roma, Accademia Nazionale di San Luca.
Carceri d’invenzione
G. B. Piranesi, Invenzioni Capric di Carceri, I edizione, 1750 ca.
© Roma, Accademia Nazionale di San Luca.

La serie è composta da 14 tavole costituite da un raro primo stato di imprimitura, da riconoscere quindi in quelle che Bertelli considera eseguite tra il 1744 e il 1748, edite infine nel 1750 . L’eccezionalità dello stato, oltre ad impreziosire l’omaggio all’istituzione, costituisce uno straordinario termine di confronto per le altre edizioni conservate in collezioni pubbliche e private. Di particolare importanza per la collocazione cronologica di molte tavole, è l’Indice a stampa (Catalogo delle opere date finora alla luce da Gio. Battista Piranesi) dell’opera incisa di Piranesi realizzato per l’Accademia e donato anch’esso il 1 marzo del 1761, appena dopo essersi trasferito in Palazzo Tomati. Il carattere d’immediatezza con cui viene fatto il dono è anche qui confermato dall’incompletezza delle tavole delle Vedute di Roma, interrotta alla tavola relativa al Portico d’Ottavia.

Solo in tempi più recenti la nomina accademica è stata vista alla luce della fitta rete di relazioni che ne ha garantito l’ingresso. Nel ricostruire la presenza dell’architetto all’interno dell’Accademia, Missirini ricorda il nome di Clemente Orlandi, che ‘Frà quelli ch’Ei pose in credito ed in onore presso la Romana Accademia fù Gio: Battista Piranesi , il quale benchè assai giovine assunto all'Accademicato di merito , si mostrò tutto zelo pe' vantaggi di questo illustre stabilimento’ .

Seguendo la menzione fornita da Missirini, un ruolo decisivo sarebbe quello giocato dall’architetto romano Clemente Orlandi, che effettivamente fu principe dell’Accademia negli ultimi anni cinquanta del secolo, ma che non sembra aver avuto peso nella vicenda. Ancor meno il mercante antiquario Orazio Orlandi, col quale Piranesi prese a collaborare poco dopo il suo arrivo a Roma e che allontana troppo le date rispetto alla nomina accademica. Come di recente ricostruito da Frank Salmon, più rilevante sembrerebbe la relazione con l’elezione al soglio pontifico, nel 1758, del veneziano Clemente XIII Rezzonico . Poco prima dell’elezione di Piranesi, tra le fila accademiche sono entrati a far parte alcuni dei membri stessa della famiglia pontificia. Nel gennaio dello stesso 1761, entrarono così ‘Sua Eccellenza il Sig. Principe Don Ludovico Rezzonico, la sig.ra Principessa Faustina Saverniano Rezzonico, Sua Eccellenza Monsignor Giovanni Battista Rezzonico, Sua Eccellenza Don Abondio Rezzonico, tutti nipoti di Sua Santità regnante papa Clemente XIII' .

Come anche per ‘Gavino Hamilton e Tommaso Jenkins Inglese" entrati nella stessa tornata, l’ingresso in Accademia, deve esser visto, non come un omaggio ottenuto all’apice della carriera, ma come una svolta fondamentale per il futuro dell’artista. Una tappa che si dimostrò importante, senza la quale sarebbe impensabile l’avvicinamento alle imprese di maggior respiro, come quella del transetto di San Giovanni in Laterano (1763) e attraverso il cardinal Giovan Battista Rezzonico, quella di Santa Maria del Priorato (1764) . In questi termini si spiega più facilmente la generosità e celerità con cui viene effettuato il dono, registrato un solo mese dopo la nomina il 1 marzo 1761, per esser ‘consegnati dal custode delle stanze dei Studi per ivi riporli, et aggiungerli all'Indice dell'Inventario’ . Recentemente da Salmon, è stata posta inoltre l’attenzione su quanto, l’interessamento di Piranesi alle dinamiche accademiche, fosse affatto marginale . Pur essendo alla direzione della grande stamperia di Palazzo Tomati e nel vivo del mercato antiquario romano, ebbe diversi incarichi all’interno dell’istituzione, tra cui Censore, Assistente alle Liti, Direttore de Forestieri, Paciere, Cerimoniere. La partecipazione all’attività dell’Accademia è principalmente rivolta verso due direzioni. Una prima, che lo vede presente attivamente alla scelta dei temi e vincitori dei concorsi clementini e Balestra svolti durante gli anni sessanta e settanta del secolo. Una seconda azione, che lo vede più attivo, è soprattutto finalizzata ad agevolare l’ingresso di artisti inglesi all’interno dell’istituzione tra il 1763 e il 1773 . Robert Strange, i fratelli Dance, Richard Brompton, John Baxter, James Byres, Thomas Harrison, sono alcuni degli artisti inglesi legati al nome di Piranesi che entrarono in questi anni a far parte della congregazione accademica. La stessa nomina ad ‘accademico di merito’ di Angelika Kauffmann nel 1765 arriva attraverso l’interessamento di Piranesi .

Biglietto sul deposito Carlo Pio Balestra
Biglietto sul deposito Carlo Pio Balestra scritto da Giovan Battista Piranesi.
© Roma, Accademia Nazionale di San Luca.
Biglietto sul deposito Carlo Pio Balestra
Biglietto sul deposito Carlo Pio Balestra scritto da Giovan Battista Piranesi.
© Roma, Accademia Nazionale di San Luca.
Biglietto sul deposito Carlo Pio Balestra
Biglietto sul deposito Carlo Pio Balestra scritto da Giovan Battista Piranesi.
© Roma, Accademia Nazionale di San Luca.
Biglietto sul deposito Carlo Pio Balestra
Biglietto sul deposito Carlo Pio Balestra scritto da Giovan Battista Piranesi.
© Roma, Accademia Nazionale di San Luca.

La rottura con l’Accademia avviene in occasione dell’edificazione del monumento a Carlo Pio Balestra all’interno della Chiesa dei Santi Luca e Martina, dopo una controversia con gli eredi durata otto anni . Dopo la presentazione di tre bozzetti fu incaricato Tommaso Righi, collaboratore dello stesso Piranesi in Santa Maria del Priorato. Da Missirini sappiamo che Piranesi "presentò all'Accademia in quell'epoca il nobile progetto di un gruppo pel deposito del Balestra, ma come l'invidia s'attacca sempre al maggior merito, fu rigettato" . L’11 ottobre 1772 "Si venne a discorrere intorno alla memoria sepolcrale del Balestra e del modello o pensiero scelto nella antecedente Congregazione delli tre che allora aveva presentato il sig. Righi cui tocca farla, e perché sopra tale discorso nacquero varie dispute ed alterazioni che caggionarono qualche disturbo fra alcuni sig.ri accademici, e perché l'ora si era fatta troppo tardi finì la Congregazione senza ultimare tal materia ne altre di cui doveva discorrere..." . Si decise così di rinviare la questione ad altra Congregazione fissata per il 25 ottobre. Quel giorno fu letto "un lungo foglio in cui il sig. Piranesi [non presente in Accademia nds] faceva varie riflessioni per formare la memoria sepolcrale del Balestra e fu passato il bussolo sopra se si doveva fare il pensiero del Sig. Righi o pure passare a fare qualche mutazione secondo l'idee del Cavaliere Piranesi, e tutte le palle furono a favore del pensiero del Sig. Righi..." . Pertanto quest'ultimo, fu incaricato di "formare il modello in grande". Lontano dal ‘soggetto elegante, piramidato’ auspicato dal Piranesi, il monumento del Righi trova effettiva collocazione all’interno della Chiesa, risultando ‘ridicolo nella composizione assolutamente priva di struttura’ . L’armonia di quello che Piranesi considera un ‘Tempio’, allontana definitivamente gli ultimi anni di Piranesi dall’Accademia di San Luca. Come sottolineato da Bertelli, la distanza rispetto al corpo accademico, non era solo relativa al ruolo ‘del monumentino appiccicato all’architettura di Pietro da Cortona’, ma sintomatica del ruolo stesso dell’Accademia nel panorama artistico contemporaneo .

La delusione per quello che sarebbe stato, allontana Piranesi dalle dinamiche accademiche fino alla morte. La sua effigie vi rientrerà appena dopo, attraverso il celebre ritratto in marmo. Attribuita da Wilton-Ely a Joseph Nollekens è destinata ad essere una delle effigi più iconiche dell’artista, oltreché una delle opere più celebri dell’intera collezione accademica. La precedente attribuzione a Giuseppe Angelini, cui l'opera era riferita fino al 1976, era dovuta all'assonanza con il ritratto a figura intera, ben più arretrato per concepimento e modesto per qualità, presente in Santa Maria del Priorato . L’avvicinamento a Nollekens si basa piuttosto su due dati documentari, costituiti dal manoscritto della biografia di Piranesi redatta nel 1799 da Jacques-Guillaume Legrand e la menzione che ne vien fatta in Nollekens and his times di John Thomas Smith, vicino in maniera indiretta al Nollekens stesso.

Ritratto di Gio. Battista Piranesi
J. Nollekens, Ritratto di Giovan Battista Piranesi, 1779, inv. 73.
© Roma, Accademia Nazionale di San Luca.

Come di recente sottolinea Tiziano Casola, ‘Piranesi è presentato essenzialmente come artista “intellettuale”’ in cui ‘la stilizzazione dei capelli nel ritratto, rimando esplicito alla scultura di età sillana (Barroero) marca una differenza con le capigliature, solitamente condotte in senso più realistico, di molte teste scolpite da Nollekens.’ . Liberamente ispirato dal ritratto di Polanzani del 1750, il ritratto ‘all’antica’ di Piranesi, è certamente oggetto di un processo di esasperazione, in chiave quasi preromantica, dei toni irrequieti che hanno animato l’animo e la carriera dell’artista. L’abbandono dell’idealizzata rappresentazione di un volto preso sulla cinquantina, oltreché la fedele resa della caducità della pelle in corrispondenza delle gote e dell’arcata sopracciliare, sono tra gli elementi a corredo di un ritratto che vuole il suo punto di forza nella resa dello sguardo. In maniera sorprendente appena dopo la morte dell’artista (1778), Bianconi scrive ‘Se la posterità crederà vedere la sua figura in un busto, che di lui sta nell’Accademia dei Pittori da S. Martina, s’ingannerà, perché non gli rassomiglia punto’ . Forse anche qui non siamo distanti dalle parole di Missirini.

Desidero ringraziare il Segretario Generale dell’Accademia Nazionale di San Luca prof. Claudio Strinati e la Soprintendente alla Collezione Grafica dell’Accademia dott.ssa Serenita Papaldo.



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Riferimenti bibliografici
  • Catalogo della Libreria del fu cav. Raffaele Stern, 1824, Biblioteca Romana Sarti, A MANOS 7r.
  • Bertelli, Carlo (1976): “Un progetto per Poets’ Corner e una picca all’Accademia”, in Grafica grafica II:2, Roma, Calcografia Nazionale, pp. 117-123.
  • Buranelli, Francesco (2008): “La cultura artistica a Roma al tempo di Clemente XIII”, in Andrea Nante, Carlo Cavalli e Susanna Pasquali (a cura di), Clemente XIII Rezzonico. Un papa veneto nella Roma di metà Settecento, Cinisello Balsamo, Silvana Editoriale.
  • Casola, Tiziano (2020): scheda opera, in Adriano Aymonino, Carolina Brook e Gian Paolo Consoli (a cura di), Roma-Londra. Scambi, modelli e temi tra l’Accademia di San Luca e la cultura artistica britannica nei secoli XVIII e XIX, catalogo della mostra, Roma, Accademia Nazionale di San Luca.
  • De Marchi, Giulia (2002): Il Palazzo della Calcografia. La storia attraverso i documenti, Roma, De Luca Editori d'Arte.
  • De Marchi, Giulia (in corso di stampa): “Stampe calcografiche e fotografiche nelle collezioni storiche dell’Accademia: presentazioni e memorie di artisti”, in Annali dell’Accademia di San Luca.
  • Incisa della Rocchetta, Giovanni (1979): La collezione dei ritratti dell’Accademia di San Luca, Roma, De Luca Editore.
  • Mariani, Ginevra (a cura di) (2014): Giambattista Piranesi. Matrici incise 1756-1757, Milano, Mazzotta Editore.
  • Missirini, Melchior (1823): Memorie per servire alla storia della romana Accademia di S. Luca fino alla morte di Antonio Canova compilate da Melchior Missirini, Roma, Stamperia de Romanis, p. 246.  
  • Noehles, Karl (1969): La Chiesa dei SS. Luca e Martina nell’opera di Pietro da Cortona, Roma, Ugo Bozzi Editore.
  • Pace, Gabriella (2014): “Appendice”, in Ginevra Mariani (a cura di), Giambattista Piranesi. Matrici incise 1756-1757, Milano, Mazzotta Editore.
  • Pasquali, Susanna (2008): “Roma veneziana? La città, il pontificato Rezzonico e Giovanni Battista Piranesi”, in Andrea Nante, Carlo Cavalli e Susanna Pasquali (a cura di), Clemente XIII Rezzonico. Un papa veneto nella Roma di metà Settecento, Cinisello Balsamo, Silvana Editoriale, pp. 53-59.
  • Pietrangeli, Carlo (1964): “Sull’iconografia di G. B. Piranesi”, in Bollettino dei Musei Comunali di Roma, I, n. 3-4, Roma.
  • Salmon, Frank (2016): “Piranesi and the Accademia di San Luca”, in Francesco Nevola (a cura di), Giovanni Battista Piranesi. Predecessori, contemporanei e successori. Studi in onore di John Wilton-Ely (Studi sul Settecento Romano, 32), Roma, Sapienza Università di Roma, Edizioni Quasar, pp. 141-178.
  • Scaloni, Giovanna (2014): “Scheda opera”, in Ginevra Mariani (a cura di), Giambattista Piranesi. Matrici incise 1756-1757, Milano, Mazzotta Editore.