Essendo nato a Pietroburgo e avendo assorbito completamente la straordinaria armonia delle proporzioni e delle forme di questa città, ho sempre cercato di individuare le caratteristiche e gli elementi che la rendono così integra e organica. Quali sono le leggi che hanno regolato e che tuttora regolano lo sviluppo di città simili a Pietroburgo e a quei grandi modelli su cui fu improntata? È possibile conservare oggi la singolarità di queste città, perseguire tale obiettivo nel percorso di sviluppo dell’urbanistica e dell’architettura contemporanee? Ecco le questioni principali da me sollevate con la mostra L’impronta del futuro. Il Destino della città di Piranesi , allestita presso l’Istituto Centrale per la Grafica in occasione del trecentesimo anniversario della nascita di Giovanni Battista Piranesi – uno dei più grandi artisti del suo tempo, capace di cogliere lo sviluppo della città europea come un fenomeno variegato, ricco di contraddizioni interne e ciononostante armonico.
La serie di incisioni "Vedute di Roma" occupò Piranesi per tutta la vita. Questi lavori ci hanno tramandato non solo l’aspetto della Roma del XVIII secolo, ma anche il modello della città europea perfetta nella sua armonia. Per molti aspetti fu proprio Piranesi a svelare al grande pubblico il valore della città europea come complesso di edifici di epoche diverse, che si conformano e si adattano l’un l’altro secondo il principio dell’armonia degli analoghi. Il pittore rivelò il valore delle rovine e degli strati del passato sui quali si fonda la città europea, descrivendo uno spazio in cui il nuovo non sostituisce il vecchio, ma si integra in esso. Non bisogna però dimenticare che la compresenza di monumenti antichi e costruzioni barocche, ben illustrata nei lavori di Piranesi, non fu sempre considerata positivamente; al contrario, molte opere dell’artista testimoniano l’unione contrastante tra costruzioni di epoche diverse. È chiaro che l’idea stessa di “incursione architettonica” di un’epoca in un’altra ha di per sé qualcosa di barbaro, ma nel complesso non è così che percepiamo questa unione. Ai nostri occhi la città europea del XVIII secolo si mostra come un organismo unico e variegato e non percepiamo quei contrasti scaturenti da stili storici diversi: in virtù del principio dell’armonia della somiglianza, che regola l’articolazione dell’edificio, la sua silhouette e la frammentazione della struttura della sua facciata, con il passare del tempo questi contrasti diventano irrilevanti.
Piranesi ha raccontato una città segnata storicamente da bruschi contrappunti, decise negazioni del passato, anche se nessuno di questi fenomeni ha prodotto quelle fratture insanabili a cui siamo stati abituati nel corso dei secoli XX e XXI. Il contrasto è una forma di sviluppo naturale e imprescindibile per quell’architettura che in un determinato momento è entrata in conflitto insolubile con l’ambiente circostante. Quando è avvenuto ciò? E perché? Questo è uno dei temi principali che ho analizzato nel corso di molti anni di ricerche , condotte soprattutto tramite l’ausilio del disegno.
Con l’avvento del XX secolo e il conseguente trionfo del progresso tecnico, l’armonia della somiglianza ha cessato di essere il principio di base e il motore di sviluppo della città europea. È già trascorso un secolo da quando l’architettura ha consapevolmente rifiutato le composizioni, le articolazioni e i metodi di elaborazione delle superfici caratteristici di tutte le stratificazioni e le tendenze precedenti . Proprio per questo motivo lo strato da lei formato si distingue così nettamente da quelli dei secoli precedenti. Questa differenza è così evidente che la città storica sul suo sfondo appare inevitabilmente come un capolavoro unitario. L’armonia del contrasto si sostituì all’armonia della somiglianza : l’architettura contemporanea, che si erge sul fondo della città, è deliberatamente in dissonanza con l’ambiente circostante e se ne distingue profondamente per via dei materiali e delle superfici delle facciate. Ma questo strato contrastante è davvero estraneo o ci appare tale per via della nostra naturale tendenza alla conservazione? E in ultima istanza, in che modo questo processo trasformerà le nostre città?
La parte centrale della mia mostra si impernia sulle fantasie architettoniche ispirate dalle Vedute di Roma di Giovanni Battista Piranesi. Queste celebri rappresentazioni erano integrate con inserti marcatamente contemporanei. A prima vista, con la loro plastica e la loro forma, appaiono totalmente estranei al contesto, ma, essendo incisi con la stessa tecnica usata un tempo da Piranesi, diventano parte integrante della composizione urbana. In tal modo ho voluto dimostrare che la città, compresa quella europea, non è un’opera d’arte immobile, ma un organismo in continuo sviluppo e mutamento e che qualsiasi nuova costruzione lascia sulla sua superficie un’impronta precisa, impossibile da cancellare. Proprio per questo era così importante per me mostrare questi interventi non solo attraverso schizzi e disegni, ma anche tramite l’ausilio della tecnica di incisione (eseguita da Ioann Zelenin sui miei schizzi), che diventa un sinonimo dell’apparente immutabilità dell’opera d’arte architettonica. Per via degli interventi artistici tramite la tecnica dell’acquaforte, le opere di Piranesi perdono la loro autenticità in quanto “originali”, trasformandosi in composizioni radicalmente diverse per contenuto, e forse acquisiscono un nuovo carattere. In modo altrettanto irreversibile si trasforma anche la città stessa, perdendo il suo aspetto abituale e incorporando gli strati della nuova architettura.
Analizzando le forme e le tecniche compositive più rappresentative dell’architettura degli ultimi decenni, nelle mie fantasie architettoniche ho formulato tre possibili direzioni di sviluppo dello strato della città in via di formazione. A mio avviso, la prima consiste nel rifiuto categorico del principio della gerarchia delle silhouette, che trasforma inevitabilmente il panorama della città in uno spazio di coesistenza di forme in netto contrasto, rendendo la linea del suo orizzonte caotica . La seconda prevede l’inserimento negli spazi vuoti del tessuto storico della città di volumi innovativi ed estremamente contemporanei. Queste gallerie trasparenti e traslucide possono collegare tra loro monumenti diversi, in modo tale da creare condizioni più favorevoli per la loro contemplazione (e adesso, a seguito dell’esperienza della pandemia, volte a garantire la distanza di sicurezza). “Rivestimenti del futuro” per osservare gli strati della città europea del passato . La terza infine implica lo sviluppo di edifici residenziali e uffici a formare il principale contenuto della città. Queste costruzioni continuano a crescere in densità e in altezza, ma nell’ambito di tale processo, anche se con una portata diversa e tramite l’ausilio di materiali e dettagli differenti, si cercherà di riprodurre e riconsiderare in chiave contemporanea i principi compositivi e formali della città di Piranesi, pur entrando con essa in dialogo contrastante a causa dello sviluppo delle tecnologie di costruzione, del carattere dei dettagli e dell’aumento delle loro dimensioni .
Com’è possibile che tre scenari di sviluppo architettonico così in contrasto tra di loro coesistano all’interno della città europea? Sempre più spesso si fa appello alla preservazione della città europea del XIX secolo nella sua integrità o alla sua ricostruzione con l’ausilio delle moderne tecnologie. Ma si fa chiaro che creare una copia della città europea del passato o di qualcuno degli elementi alla base della sua costruzione non è possibile oggi, in larga misura per il fatto che le nostre concezioni di comfort, la sostenibilità del costo di edificazione dei volumi e le spese di manodopera sono radicalmente cambiate. La domanda è piuttosto la seguente: quali sono le condizioni di coesistenza di “vecchio” e “nuovo” che siamo in grado di garantire? E se consideriamo la città europea come un sistema di relazioni perfettamente definito, sedimentatosi nel corso dei secoli, tra spazi vuoti e pieni, costruzioni, silhouette e superfici alte e basse, allora come dobbiamo gestirla oggi? Come dobbiamo relazionarci noi, in quanto membri della società, con il fatto che l’architettura contemporanea tende a rapportarsi agli strati storici della città solo in modo così contrastante? È una perdita di un’opera d’arte o un’opportunità?
Simulando con l’ausilio della grafica e dell’incisione la distruzione di un monumento (l’originale dell’incisione di Piranesi), ho sollevato una serie di questioni: un’integrazione di questo tipo, vale a dire la distruzione dell’immagine costitutiva di una città dei secoli XVI-XIX, riconosciuta come monumento, costituisce un atto di vandalismo? O invece è proprio in questo modo che la serialità (e molte città europee edificate con la potente forza dell’armonia della somiglianza sono effettivamente simili l’un l’altra) si trasforma nell’“originale”, esistente in un unico esemplare? Distruggiamo l’armonia o ne creiamo un modello completamente nuovo? In ogni caso, è necessario sviluppare un atteggiamento consapevole nei confronti della trasformazione della città europea che avviene davanti ai nostri occhi. In fin dei conti, è questo il vero lascito di Piranesi: l'invito a un dialogo sincero sulla condizione degli strati e delle parti costitutive della città europea, come eredità collettiva fondamentale e al tempo stesso spazio per uno sviluppo futuro.